Il modello a cui faccio riferimento è quello cognitivo-neuropsicologico, che si configura come una naturale evoluzione della tradizione cognitivista italiana (Bara, 2005), con la quale condivide i modelli teorici dello sviluppo e della pratica clinica.
In questi ultimi anni la neuropsicologia cognitiva, acquisendo nuove conoscenze sulla plasticità cerebrale, ha consentito alla psicoterapia cognitiva di arricchire i tradizionali modelli esplicativi del comportamento umano, sano o patologico.

L’epistemologia e la teoria del funzionamento mentale su cui mi baso sono quelle del cognitivismo costruttivista. In quest’ottica, come evidenziato da Arciero e Guidano (2000), il nostro essere-nel-mondo, e' vincolato all'impalcatura percettivo-motoria ed emotiva inseparabile dal nostro corpo. Da questo essere biologicamente incarnati deriva che ogni esperienza che facciamo riflette l’ordine esperienziale su cui si fonda, poiché è inseparabile dall’organismo che la produce. Come conseguenza di ciò anche la cognizione è un’azione che è inestricabilmente connessa all’organizzazione biologica dell’individuo, oltre che alla sua storia personale ed alla matrice storico-sociale condivisa. Secondo questa visione il Sé si struttura a partire da vincoli biologici e si definisce nella continua interazione con l’ambiente. Le persone strutturano un nucleo di significato centrale e personale che consente il mantenimento della propria identità, nonostante le continue variazioni dell’ambiente in cui sono immerse. Tale organizzazione di significato personale (o stile di personalità) costituisce la modalità impiegata dagli esseri umani per dare significato all’esperienza e costruire la propria narrazione di sé.

La metodologia terapeutica derivante da questo modello teorico agisce sui processi di conoscenza dell’individuo, in modo tale da favorire una riorganizzazione del significato personale verso livelli più elevati di complessità. Per raggiungere questo scopo, è necessaria una profonda azione sulle dinamiche emotive del paziente, poiché i cambiamenti razionali non procurano una modificazione dello stato emotivo e viceversa. Tale azione sulle dinamiche emotive si esplica concretamente  in un lavoro che terapeuta e paziente svolgono a livello delle esperienze vissute in prima persona dal paziente stesso, che può così riappropriarsene integrandole nel suo nucleo di significato personale.
Secondo questa visione il dominio emotivo e quello cognitivo sono sistemi che non si sovrappongono, pur influenzandosi reciprocamente. Le emozioni cambiano le emozioni e i pensieri cambiano i pensieri.

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